LICEO PARINI

Ricordo di Gianluigi Banfi

su iniziativa del 'Comitato per le pietre di inciampo

Lunedì 3 aprile 2017 il “Comitato per le pietre di inciampo” ha organizzato un momento di memoria e riflessione in onore di Gianluigi Banfi, ex-pariniano deportato e morto nel lager nazista di Gusen-Mauthausen.

Dall’ebook “Il dolore di avervi dovuto lasciarepubblichiamo le pagine riguardanti Gianluigi Banfi.

GIANLUIGI BANFI (Milano 1910 – Gusen 1945) Frequenta con ottimi risultati il Parini dal 1919/20 al 1926/27, dapprima nella sezione D (ginnasio inferiore), poi nella C (ginnasio superiore e liceo). Compie gli studi universitari al Politecnico di Milano, laureandosi in architettura nel 1932; con Lodovico Belgiojoso, Enrico Peressutti ed Ernesto Nathan Rogers fonda lo studio BBPR, prendendo parte a tutti i progetti ed occupandosi inoltre della redazione della rivista d’architettura “Casabella”.

Dapprima vicino al fascismo, Banfi muta radicalmente opinione nella seconda metà degli anni Trenta, allacciando, come i colleghi, stretti rapporti con il movimento Giustizia e Libertà, e, dopo l’8 settembre, con la Resistenza milanese. Nel marzo 1944, in seguito ad una delazione, è arrestato con Belgiojoso e detenuto a S. Vittore, Fossoli e Bolzano-Gries prima di essere deportato, nell’agosto successivo, a Mauthausen-Gusen. Gravemente debilitato nel corpo e nello spirito, sarà nei suoi ultimi giorni assistito da Aldo Carpi, suo compagno di prigionia, che ha lasciato di lui un toccante ricordo nel Diario di Gusen. Banfi morirà in stato di detenzione nell’aprile 1945, circa un mese prima della liberazione da parte dell’ esercito americano.

LETTERA DI GIAN LUIGI BANFI ALLA MOGLIE JULlA BERTOLOTTI DAL LAGER DI BOLZANO-GRIES

Bolzano, 4 agosto 1944

Carissima siamo ancora in attesa di partire: la destinazione, tutto è ancora incerto, solo si dice sia oggi l’inizio del viaggio per Innsbruck o Salisburgo o forse altrove? Vedremo. Bisogna prendere le cose come una avventura, dire: sia fatta lo volontà di Dio, e armarsi di pazienza e coraggio. Da ultime notizie, si parte alle 14. Questo allontanarmi da te è proprio duro, ma sarà l’ultima fase prima della riunione che festeggeremo finalmente. Nervi, salute, tutto è per il meglio, e prego il cielo me li conservi, ché sono le uniche ricchezze che contano. Ti ho scritto già varie volte e spero che qualche cosa arrivi a destinazione. […] Tante tragedie, tante situazioni analoghe sono ora viventi che questa esperienza non è nulla di particolarmente eccezionale, ma ahimè gli affetti sono così forti che ti fanno sentire fino in fondo il dolore di tutti che è grande come il tuo, ed il tuo che è grande come quello di tutti. Tu sei coraggiosa e saprai essere forte per superare questo periodo oscuro, oscuro anche perché immagino di non potervi scrivere: tanti amici abbiamo che sono certo non ti mancherà l’appoggio spirituale, che è l’unico che conta veramente; lo vedo io con L[odovico]. L’affetto del nostro cucciolo ti nutrirà fino a che non ritorni io, ma allora ti soffocherò di tanto amore che ogni giorno ogni ora si accumula senza scopo. Juliussa cara, questo periodo vedrai sarà il più intenso nutrimento per la nostra vita. Sappiamo che cosa siamo l’uno per l’altro, quanto indispensabili, quanto uniti. Ti bacio sempre e finché posso G.

LA MORTE DI GIAN LUIGI BANFI NEL RICORDO DI ALDO CARPI

“10 aprile 1945, martedì Alle 12.45 moriva Banfi. Mancato lentamente senza soffrire. È stato curato nel miglior modo possibile qui, ed è morto nel suo letto. Era estremamente debole. Ieri mattina era venuto fino da me a visitarmi: ma il viso e specialmente gli occhi erano senza vivacità. Fino alla sera quando lo lasciai, come sempre prima, aveva spirito. Ma la notte disse a Franco che non ce la faceva più: poi cominciò un piccolo delirio. Ricevette al mattino un’iniezione di simpatol; poi delle pillole che non prese perché s’addormentò e cosi nel sonno finì. Il sole era sulla sua finestra e su di lui: bellissima giornata. Un bel merlo in gabbia era sul letto al sole. Verso le 13,30 fu portato alla sala mortuaria. Il dottor Kaminski alle 13 venne, gli chiuse gli occhi e gli copri il viso. Banfi ho cercato di aiutarlo prima di tutto facendolo passare dal blocco 31 al blocco 30. Ogni mattina il capo del Bahnhof faceva il giro del blocco per scegliere chi doveva entrare nella Stube finale – dato che il Bahnhof doveva essere sempre al completo – e chi lo vedeva arrivare aveva il terrore che facesse cenno a lui. Questo a Banfi sono riuscito ad evitarlo. Bisogna pensare che quando Banfi è stato tolto dal blocco 31, il suo posto è stato preso da un altro. [. .. ] II giorno prima di morire è sceso dal suo letto ed è venuto da me. ‘Perché ti alzi? Riposati’, gli ho detto. Lui mi ha guardato e basta, con degli occhi, è difficile dire che occhi: certamente disumani; non c’era né dolore né terrore; erano terrorizzanti. Non terrorizzati, terrorizzanti. Poi è tornato al suo letto a castello dove c’era il suo compagno, l’operaio Franco. Dato che Banfi era morto dopo l’appello della mattina, doveva considerarsi presente. E Franco, un ragazzo di 19-20 anni – là non si sentiva dolore per quelli che morivano perché accadeva di continuo – aveva sperato, come sarebbe stato dovere dei capi, che sul letto di Banfi mettessero la sua zuppa. Invece non l’hanno messa e lui è rimasto malissimo. Credeva di mangiare due zuppe. E aveva ragione di pensarlo perché di solito posavano le zuppe senza guardare in faccia. Invece quella volta hanno guardato in faccia. È più che sicuro che la razione, nel conteggio dei capi blocco, c’era. L ‘hanno mangiata loro.” (ALDO CARPI, Diario di Gusen, pp.131-132)