LICEO PARINI

La nostra storia

 

Il  Regio Ginnasio istituito nel 1774

Nel 1774 fu istituito  da Maria Teresa d’Austria il Regio Ginnasio presso il Palazzo di Brera. L’impianto umanistico ereditato dalle scuole dei Gesuiti era filtrato attraverso i nuovi ideali illuministici. La scuola fu inaugurata con la prolusione dell’Abate Parini incaricato di tenere i corsi di Eloquenza.

Nel periodo napoleonico il dibattito sulla riforma del sistema scolastico coinvolse i maggiori intellettuali, che miravano alla modernizzazione della cultura ispirata ad un umanesimo scientifico.  Le diverse proposte si concretizzarono con la creazione del napoleonico Regno d’Italia, in cui fu introdotto un nuovo ordinamento modellato su quello francese; lo studio delle lingue e delle letterature classiche divenne l’asse portante della formazione delle classi dirigenti, mentre alle discipline scientifiche veniva riconosciuta una funzione strumentale.

Nel quadro della riforma si stabilì che ci fossero due scuole superiori: il Liceo di S. Alessandro, che continuava le “Scuole Arcimbolde”, di cui era stato allievo Giuseppe Parini, e quello di Porta Nuova, ex Regio Ginnasio di Brera, che fu ospitato nel palazzo in cui precedentemente funzionava una scuola fondata per un lascito di Pier Antonio Longone e affidata ai Barnabiti, il Collegio dei Nobili, che prese il nome di Collegio Longone.

 

1865: il Liceo intitolato a Giuseppe Parini

Dopo l’unificazione nazionale, il Liceo di Porta Nuova venne ribattezzato nel 1865 col nome di Liceo Giuseppe Parini. Le discipline classiche continuavano a costituire l’asse portante della formazione della classe dirigente, ma sotto l’influenza del positivismo la filosofia, studiata in forma elementare e sistematica e non storica, e le scienze matematiche e naturali acquistarono un peso crescente.

Nello spirito riformatore dell’età giolittiana il ministro Credaro promosse l’istituzione del Liceo moderno, di cui furono aperte sezioni presso i Licei classici: esso prevedeva lo studio di due lingue straniere e il potenziamento delle discipline scientifiche, ma non l’insegnamento del Greco.

Rispondendo alle esigenze della dinamica società milanese del tempo, già nell’anno scolastico 1911-1912 furono aperte presso il Parini due quarte ginnasiali del nuovo indirizzo, che accolsero ben settantasette studenti, contro i ventisei della sezione classica.

Alla vigilia della riforma Gentile, che nel 1923 avrebbe abolito i Licei moderni istituendo i Licei scientifici, la scuola aveva raggiunto un equilibrio tra sezioni classiche e moderne: due per indirizzo, con una lieve prevalenza di studenti del classico (settantatré) su quelli del moderno (sessantotto).

Il fatto è che il Liceo aveva saputo mantenersi fedele alla sua tradizione classica: a differenza di quello che avveniva presso gli altri istituti, al Parini gli studenti ginnasiali del moderno seguivano corsi integrativi di Greco, mentre al Liceo era previsto l’insegnamento di cultura greca.

L’ultima terza liceale moderna sarebbe uscita nel 1926-27: dall’anno successivo tutte le sezioni avrebbero applicato i nuovi programmi introdotti nel 1923 dalla riforma Gentile, con il loro impianto centrato sulle materie classiche e sulla storia della Filosofia.

Docenti di grande valore di queste discipline, come Castiglioni e D’Arbela, contribuirono a mantenere alto il prestigio del Liceo nei decenni successivi. Al rigore scientifico si affiancava, anche nello studio delle discipline classiche, la sperimentazione didattica, soprattutto per quanto riguarda l’insegnamento “naturale” della lingua latina, promosso non come retorica esaltazione di una presunta vitalità del mondo classico, ma come efficace metodo di apprendimento linguistico.

A metà degli anni Trenta il Parini si trasferiva da palazzo Longone in via Fatebenefratelli al nuovo edificio di via Goito, costruito su un’area che precedentemente era stata coperta dal grande Monastero di S. Marco.

 

Indipendenza morale e valori di libertà negli anni della fascistizzazione

Negli anni della fascistizzazione e del consenso, nonostante il formale ossequio al regime, molti docenti del Parini seppero mantenere la loro indipendenza morale e trasmettere con il loro esempio, più che con le parole i valori di libertà. Non è un caso che un antifascista come Guido Mondolfo, costretto a lasciare il Berchet e respinto dal Manzoni, trovasse accoglienza al Parini, dove avrebbe insegnato fino all’emanazione delle leggi antiebraiche nel 1938.

Il 1938-39, con la cacciata di una sessantina di studenti e di tre docenti ebrei dalla scuola, costituì una grave discontinuità nella storia dell’istituto, che nel suo spirito laico e risorgimentale, dopo l’unità d’Italia aveva visto crescere tra i suoi studenti il numero dei giovani provenienti da famiglia ebraica, e aveva forgiato, nel rispetto delle differenze, la coscienza di una comune appartenenza.  Negli  anni Trenta presso il Liceo si tenevano corsi di religione ebraica, affidati a docenti indicati dalla comunità israelitica.

La lezione di libertà appresa al Liceo ispirò l’azione antifascista di molti ex-studenti del Parini, tra i quali si possono ricordare gli architetti Banfi e Belgiojoso, poi deportati a Gusen, dove il primo trovò la morte, e il giovane studente di Medicina Giambattista Mancuso, figlio del custode del Liceo, che cadde combattendo durante la Resistenza.    

 

Il secondo dopoguerra

 Dopo la Liberazione nella nuova Italia democratica, il Liceo diventò un importante fattore di mobilità sociale aprendo sempre di più le sue porte a giovani provenienti da classi sociali che fino ad allora ne erano state escluse. Questa spinta si scontrava, però, con istituzioni e programmi che non erano stati riformati. Particolarmente sensibili a questa contraddizione erano proprio gli studenti del Parini, che con i loro movimenti anticiparono quello che sarebbe stato poi il Sessantotto: il caso della “Zanzara”, giornalino scolastico i cui redattori furono processati per un’inchiesta sulla sessualità tra i giovani, diventò un simbolo delle lotte antiautoritarie di quegli anni.

 

Dagli anni Novanta ad oggi

Finalmente negli anni Novanta fu posto mano, sia pure sperimentalmente, alla riforma della scuola superiore. La Commissione Brocca presentò nuovi programmi, che rinnovavano nei contenuti e nei metodi quelli gentiliani. Coerente con il suo passato, il Parini si distinse nel panorama scolastico milanese per l’adozione in alcune sezioni di questa sperimentazione, che ottenne ampi consensi tra le famiglie. Alla sperimentazione Brocca si affiancava poi con analogo consenso una sezione in cui venivano studiate due lingue straniere moderne.

Anche se con la riforma Gelmini  queste sperimentazioni sono scomparse, sfruttando le possibilità che l’autonomia scolastica consente il Liceo offre corsi in cui sono potenziati rispettivamente l’insegnamento matematico e quello linguistico.

 

Alcuni tra i pariniani illustri, docenti e studenti

 Il liceo Parini ha avuto, nei secoli XIX e XX, illustri docenti che, nel tempo, hanno contribuito a caratterizzare e consolidare il valore culturale dell’azione formativa svolta dall’Istituto stesso. Fra i docenti più famosi si ricordano Pio Raina, Francesco D’Ovidio, Luigi Illica, Luigi Rostagni, Antonio Banfi, Mario Untersteiner, Antonio Cantele, Luigi Castiglioni, Edmondo d’Arbela, Fernanda Wittgens, Cesare Musatti. Vi hanno inoltre studiato numerosi protagonisti della storia civile, letteraria, culturale, ed economica di Milano, quali Alessandro Manzoni, Tommaso Grossi, Carlo Cattaneo, Cesare Correnti, Carlo Tenca, Francesco Vallardi, Luciano Manara, Emilio Dandolo, Emilio Visconti Venosta, Giuseppe Missori, Felice Cavallotti, Clemente Rebora, Carlo Emilio Gadda, Dino Buzzati, Cesare Cases,  Ernesto Nathan Rogers, Franca Valeri, Walter Tobagi.